Un “promoveatur populista” per il difficile futuro di Gemona.
 

I Gemonesi, che di norma trascurano la politica perché educati a lasciare ad altri questo compito civile, hanno appreso, i sodali soddisfatti, gli altri preoccupati, che il loro Sindaco era stato promosso, a tavolino, Consigliere regionale. Purtroppo, mentre stava compiendosi l’inatteso miracolo di “giustizia fra poveri”, gli elettori ricevevano un’intempestiva ed infelice lettera di ringraziamento dell’interessato, a conferma del non eccelso livello della politica in cui vive Gemona e che ora tentiamo di analizzare. E’ vero che la legge elettorale adottata dalla Regione insulta l’intelligenza, scredita la democrazia e ci priva della libertà di voto, ma è anche vero che i cittadini ne sono corresponsabili la loro parte. Tant’è. Così si vuole dove si può!

Da parte nostra auguriamo un buon lavoro al rappresentante locale in Regione.

Ma, Disetti o non Disetti, Gemona ha dinanzi un futuro molto difficile, per la situazione generale e per lo stato di sfiducia e di prostrazione in cui versa. E’ una condizione negativa, che si manifesta in ogni occasione con la mancanza d’identità e di coscienza politica. E’ una mentalità di popolo e di classe dirigente, rispettivamente, che viene da molto lontano. Indirettamente da ben prima del terremoto. Almeno dal momento del passaggio dalla civiltà e dalla cultura contadina alla civiltà e cultura industriale. Trasformazioni profonde e potenzialità vincenti non adeguatamente comprese, sostenute e promosse da chi allora deteneva il potere. Infatti, queste furono viste e considerate come una naturale rendita di posizione, alla stregua di un “medievale dazio”, da incassare senza nulla investire di proprio! A Pordenone si ragionò diversamente. Invece ì comportamenti delle persone e le concezioni politiche che si manifestano oggi, all’inizio del terzo millennio, hanno radici nelle contingenze del post terremoto e sono condizionate dallo spirito del tempo, che agevola il neopopulismo mediatico. La ricostruzione, come fatto amministrativo straordinario, fu interpretata dall’attuale classe dirigente locale, politicamente sempre la medesima, come una sfida fisica da vincere. Una dimostrazione di forza dei “valori dell’eseguire materiale”, ben visibili e da paragonare ad altre situazioni. Il nodo fu di superare la pressione del tempo presente, legato alla ricostruzione fisica ed economica della zona, per rifare tutto “come prima, meglio di prima”. Fu la parte relativamente più facile, dato che i mezzi e le sicurezze non mancarono e “la triangolazione Stato-Regione-Comune funzionò in modo insperato e soddisfacente” (nota politica).

Non si pensò invece, da subito, anche alla ricostruzione morale, civile e sociale della popolazione. Soprattutto a quella politica. Non c’era la necessaria cultura e preparazione civile per farlo e le poche voci isolate che sostenevano questo processo non furono ascoltate. A ciò, si diceva, si sarebbe pensato dopo. In altre parole mai! Così non fu considerato nel modo giusto, “il tempo del pensare alla vita futura della popolazione”, in rapida evoluzione. Ciò richiedeva analisi più articolate, più approfondite, più previdenti e più sensibili agli aspetti antropologici e psicofisici e alla situazione socio-politica. L’aspetto umano della ricostruzione, camminò per conto proprio! Furono ricostruiti col dovuto impegno e meticolosità i fabbricati distrutti (case, fabbriche, chiese, infrastrutture e quant’altro) ma non si pensò al peso delle disastrose conseguenze che le perdite umane stavano lasciando nei sopravvissuti e nella società. La perdita di 400 persone non era paragonabile a nessuna volumetria o valore edificabile! Si considerò la frantumazione di questo primario patrimonio, anche sociale, (persone, memoria, cultura, rapporti sociali e valori morali) solo emotivamente, come una negatività della vita soggettiva e non anche razionalmente, obiettivamente positiva. Si dovevano valutare, e non lo si fece, le perdite ed i distacchi immateriali, a livello personale e familiare, come un momento di ricompattazione sociale e di rinascita della creatività, quali fattori indispensabili alla futura società. Per guardare avanti insieme, per prevedere, per preparare, per programmare. Per esserci tutti e ancora, come soggetti di una continuità complessiva, non solo materiale, dell’essere umano. Una malintesa rivisitazione storico-rituale del passato oscurò, se non ignorò, questi valori della vita umana attuale. Eppure anche chi passò queste esperienze seppe ricostruire “la fisicità delle cose”, come gli altri, ma attribuendone significati e valori diversi, senz’altro più veri, più utili e più preziosi. Formandosi però una cultura separata in casa. La “gestione del potere” non avendo capito lo spirito del tempo e le diversissime situazioni personali e locali, facendone di tutto un fascio, non seppe accompagnare la ricostruzione fisica, come fatto compiuto, con la costante diversità culturale, morale, civile e politica che s’imponevano. Così facendo preparava la crisi futura (odierna) della Città. Mancò, e tuttora manca, la lungimiranza, la mediazione, la condivisione e la responsabilità politica che sempre accompagnano la crescita di una convivenza civile equilibrata. Dove questi requisiti mancano, come da noi ora, c’è la pura sopravvivenza che produce sfiducia nel futuro. Non a caso sono ancora in piedi tutti i problemi che c’erano dopo il sisma. Dalla rivitalizzazione del Centro Storico all’uso disastroso del territorio (PRG addio!). Dalla sanità alle aree di sviluppo commerciale ed industriale. Dai servizi individuali alla cultura. Per non parlare dei rapporti sovracomunali dei quali è sempre più impossibile fare a meno. Isolati e contro non si vive.

Ad esempio: quanti Gemonesi sanno che entro il 22 luglio p.v. il Consiglio Comunale dovrà esprimersi in merito al Referendum propositivo sull’istituzione della Provincia regionale dell’Alto Friuli? Molti gemonesi, forse sanno solamente che il Sindaco ultimamente ha detto di non volerla, senza dirne il perché, mentre l’istituzione della Provincia è nel programma e nel simbolo elettorale del Presidente della Regione Jlly. Quest’opinabile riflessione sullo stato e sul futuro della politica gemonese, non vuole essere un’autoflagellazione, una critica distruttiva o una caduta nel senso di colpa, ma uno stimolo a metabolizzare più correttamente gli avvenimenti. Per uscire dalle sudditanze verso il potere, per superare le paure create dalla “non conoscenza” di fatti e persone, per vivere meglio il presente, per imparare a non cadere negl’imbrogli populisti delle decisioni centraliste ed estemporanee, propri delle straordinarietà (non dell’ordinaria gestione democratica). Per pensare positivamente al nostro futuro, che significa volerlo costruire col lavoro, lo studio, la collaborazione e la partecipazione. Strano Paese Gemona, della quale non sappiamo, non possiamo e non vogliamo fare a meno, non continuando ad estraniarci ma impegnandoci a cambiarla, insieme..

Gemona del Friuli, 01 luglio 2003.

                                                                         Claudio Sangoi

                                                                    Consigliere Comunale