La
sua è stata la prima tesi di laurea in filosofia ad essere discussa in
friulano e l'argomento non poteva essere più consono alla scelta
linguistica: è infatti alla tradizione e all'interculturalità che
Matteo Rodaro, 26enne friulano nato a Reana del Rojale, ha dedicato il
suo lavoro a conclusione del corso di laurea in filosofia frequentando
presso l'Università di Trieste. In questa intervista Rodaro spiega il
perché della sua scelta e la difficoltà incontrate.
Come è nata l'idea di una tesi in friulano?
Dalla volontà di coniugare un interesse
personale a una realtà che conosco. La Filosofia del linguaggio è stato
infatti l'elemento caratterizzante del mio corso di studi, così ho deciso
di scegliere un argomento che riflettesse alcuni aspetti di questa
disciplina. Un tema che mi ha permesso anche di riflettere
sull'insegnamento della lingua friulana nelle scuole.
L'importanza del friulano non è per lei solo
elettiva: quotidianamente che ruolo riveste nella sua vita e nel mondo che
la circonda?
Un ruolo importantissimo: io penso in friulano, questo non vuol dire che
proceda a compartimenti stagni riservando l'utilizzo di una lingua
piuttosto che un'altra ai diversi ambiti della mia vita. Se ripensiamo
agli anni 50 e 70 in cui l'utilizzo del friulano era vivamente
sconsigliato e ritenuto un deficit più che una ricchezza, ritengo che
questa ripresa attuale indichi la volontà di recuperare questa identità.
Quali risposte e che tipo di
supporti ha ricevuto dai suoi relatori?
Tutti sono apparsi entusiasti di questa idea, che ha rappresentato anche
un'evasione dalle normali attività legate ai corsi, un'occasione per
affrontare temi di approfondimento che accostassero tra loro discipline
differenti, unendo la parte sperimentale della neurologia alla didattica e
alla filosofia.
Come è stata strutturata la ricerca
che ha reso possibile la stesura finale della sua tesi?
Il mio lavoro è iniziato dalle riflessioni che mi aveva fornito il libro
di Josè Ortega y Gasset, a cui ho poi unito l'analisi e le considerazioni
di alcuni testi di Franco Fabbro. La constatazione che ne è scaturita è
che la lingua rappresenta uno specchio della cultura di ogni popolo.
Questo anche in relazione
all'insegnamento della lingua friulana nelle scuole della nostra regione?
Esiste un'evidente differenza terminologica tra le lingue, che nasce e si
sviluppa a livello celebrale nei primi anni dell'infanzia. Alcuni hanno
ritenuto per troppo tempo, a torto , che il plurilinguismo nelle scuole
fosse nocivo e ralentasse l'apprendimento generale. Un ostracismo di cui
pare vittima in particolare il friulano, perché con queste premesse anche
ogni altra lingua, inglese compreso, sarebbe un ostacolo al normale
sviluppo cognitivo. Una convinzione di fatto smentita dagli studi
neurolinguistici che hanno evidenziato come la struttura celebrale venga
invece fortificata da queste sollecitazioni.
E sul piano funzionale della
lingua friulana, quali conclusioni ha tratto?
Le lingue sono elementi plastici, che possono piegare le parole a seconda
di ciò che vogliano esprimere. Mettendomi a scrivere in marilenghe non ho
riscontrato grosse difficoltà, pur trovandomi a trattare un argomento di
cui mancavano i termini friulani necessari a descriverne i concetti. Sul
piano della grafia mi è tornato utile invece un corso di scrittura che in
passato avevo seguito alla Filologica friulana.
Quali problemi ha incontrato
invece nel presentare una tesi in friulano?
Dal punto di vista pratico, la segreteria generale mi aveva sconsigliato
di presentare un lavoro che fosse scritto esclusivamente in friulano, così
ho deciso di inserire una seconda parte in italiano, specificando che non
si trattava di una pura traduzione, ma che costituiva parte integrante del
lavoro di tesi, rappresentandone una verifica. Inoltre, per ribadire le
ragioni di tale scelta, ho inserito in appendice il testo di legge sulla
tutela delle lingue minoritarie.
In una prospettiva più generale,
quali ricadute ha avuto la sua tesi?
Buone, considerato che al mio lavoro si sono subito interessati Radio Onde
Furlane e Telefriuli, dedicandomi uno spazio all'interno delle proprie
trasmissioni. Tuttavia il mio non è un caso isolato, non penso di essere
il Don Chisciotte della friulanità, anzi molti altri, in diversi ambiti
della cultura della nostra Regione, promuovono il friulano. Molti sono
anche i giovani che utilizzano la nostra lingua per i versi delle poesie e
i testi delle canzoni: sono esempi musicali noti e di successo quelli
delle Arbe Garbe e di Silvia Michelotti.
Marinella Lirussi articolo
pubblicato su Il Nuovo del 21 ottobre 2005 |