L’INTERMINABILE TRATTATIVA
IL FRIULI BARATTATO
di VITTORINO MELONI




Siamo arrivati all’estremo limite della sopportazione, perché davvero sembra non si abbia alcun rispetto per questa nostra regione Friuli-Venezia Giulia, per la sua autonomia non più speciale, anzi ridotta in brandelli. Quel che avviene con il continuo rimbalzo delle voci e delle scelte, fatte e presto smentite, annunciate e poi negate, per la designazione del candidato della Cdl alla presidenza della Regione supera persino l’assurdo. Prima si attendeva si consumasse una cena, quella liturgica del lunedì ad Arcore, ma adesso ogni giorno è buono per vederne e sentirne delle belle.
Per dare un altro giro di fune al nodo che stringe e strozza una decisione che dovrebbe essere riservata soltanto ai cittadini-elettori e non a un qualsiasi club, foss’anche il più riservato, ma non lo è affatto, e il più autorevole, e non è neppure questo, rivelandosi piuttosto incerto e frastornato da questioni più grandi, non per i friulani, e lo stesso intricate e, diciamolo pure, disdicevoli.
Tutto è cominciato, soltanto per ricordare l’origine di una tale triste vicenda, quando Umberto Bossi ha annunciato che il Friuli era cosa della Lega e pertanto la scelta del candidato del centro-destra doveva cadere su un suo esponente, precisamente sulla vicepresidente in carica, Alessandra Guerra. Saltava d’un colpo l’indicazione di Renzo Tondo, più volte investito, abbandonato e reinvestito, sempre probabile, ma mai alla fine certo, tenuto sulla graticola a rosolare nell’attesa di una consacrazione che tardava ad arrivare. Sono insorti in molti a protestare, facendo ben presente che la sorte del Friuli non appartiene ad alcun estraneo, è prerogativa naturale ed esclusiva dei friulani, non delegabile e non rinunciabile. L’orgoglioso motto del “di bessoi” è rispuntato, com’è sempre accaduto quando sia in ballo la sorte dei friulani, in qualsiasi momento difficile e particolarmente in occasioni tali da condizionare il futuro della regione. Naturalmente, tutti i dirigenti della Cdl si opponevano, sventolando la minaccia di dimissioni di massa. Renzo Tondo arrivava a dire di essere pronto a lasciare subito l’incarico di presidente della Regione se fosse stata scelta la Guerra al suo posto. Una crisi di governo regionale era il massimo pericolo per la già traballante vita di questa nostra regione. Sarà stato per questo, ma forse più per la percezione chiara di una vistosa perdita di consensi, che l’idea di Bossi entrava nel buio di una trattativa senza fine. Arrivavano da Roma vari ambasciatori per saggiare gli umori e per verificare la portata del furioso dissenso friulano, ma tutti se ne tornavano con qualche dubbio in più e con la consapevolezza di trovarsi di fronte a una matassa troppo imbrogliata, quasi impossibile da risolvere senza un taglio netto e, ovviamente, indiscutibile. Un balletto senza tregua mandava a Roma gli stessi contendenti che figuravano, nei telegiornali di cerimonie cui dovevano presenziare, l’uno a fianco dell’altra, ma senza guardarsi.
C’è stato un momento in cui si è creduto fosse venuto un dubbio atroce ai grandi capi della Cdl e cioè di essersi cacciati in vicolo cieco. L’idea di un terzo nome circolava da tempo, ma si notava che chiunque l’avesse portata alle cene o ad altri incontri faceva fatica a farla accettare. Eppure bastava il buonsenso a indicare questa strada, che avrebbe risolto la questione non facendo perdere la faccia, se in politica si può averla, ai due candidati in lizza. Certo, nessuno si sarà nascosto la considerazione che in tal modo si apriva un altro problema, quello di spiegare perché e per come un presidente in carica, per la rivalità palesata dalla sua vice, non veniva ricandidato se, al tempo stesso, si affermava che aveva ben governato. Se ha fatto bene perché lo si cambia? Una domanda che non veniva soltanto dal centro-sinistra, ma da larga parte della pubblica opinione. Il centro-sinistra, va da sé, poteva far presente di avere compiuto, designando quasi in anticipo Riccardo Illy, la sua scelta e di vantare per ciò un qualche punto in più della Cdl. Nel centro-destra montava una certa rabbia, ritenendo che con un simile comportamento si regalavano vantaggi agli avversari. Un pasticciaccio dentro il quale annaspavano gli esponenti del centro-destra.
È sembrato, ma soltanto per l’esiguo spazio di un pomeriggio, fosse stata scelta la soluzione del terzo nome quando è venuta fuori, per suggerimenti locali, la candidatura di Enrico Bertossi, presidente della Camera di commercio di Udine, un friulano gradito agli industriali. Qualcuno, forse lo stesso Bossi, deve però essersi opposto a una tale scelta. L’indicato, per fortuna sua o per prudenza di cui si dovrà rallegrare, se n’è stato zitto e la mattina successiva alla fantasiosa versione del pomeriggio precedente si è visto svanire totalmente l’idea.
Era scoppiato nel frattempo un altro dissidio in seno alla maggioranza, perché era entrata in crisi la Rai. Si sa che Bossi aveva preteso una rete televisiva a Milano, ma aveva progettato un colpo più grosso con un suo fedele seguace, un leghista, alla direzione generale della Rai-tv. Il nome era venuto fuori, assieme ad altri cinque destinati a comporre il nuovo cda di Viale Mazzini, per una soffiata di qualcuno evidentemente scontento della piega che andava prendendo la crisi. Così sul tavolo riservato al Friuli ci si è messo un problema tanto rilevante che ha rimescolato le carte. Intanto Alessandra Guerra ha annunciato di voler fare un passo indietro, di ritirarsi in punta di piedi. Ma pochi ci hanno puntato, sapendo quanto la signora di Buia ambisse a una sua incoronazione sul seggio presidenziale. E ieri mattina il nome della vicepresidente è rispuntato. Ed è ricominciata la baruffa, sempre più con contorni chioggiotti e l’accompagnamento dell’ormai logora minaccia di dimissioni.
Basta con queste storie ridicole . I friulani sono disgustati. Vorrebbero, e come dar loro torto?, che l’ autonomia fosse ripristinata e dunque fosse lasciato a loro il diritto di scelta. Il Friuli non si può barattare né con un pezzo di Rai a te e uno a me né con altre spartizioni. Si lasci il Friuli ai friulani. L’ho già scritto, ma lo ripeto.
 

Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 28 febbraio 2003 (1^ pagina)

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